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SETTORE DELLA RURALITA'
SETTORE DELLA RURALITA'
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Turismo
Descrizione
SALA DELL'OSTERIA
L'osteria, al piano terra, ricrea, con oggetti e arredi provenienti da vecchie osterie locali, quello che poteva essere il luogo di ritrovo, di svago e ristoro più tipico della comunità rurale, luogo d'incontro mondano e alternativo a quello dell'ambiente parrocchiale. Lì si discutevano gli accadimenti del giorno, si giocava a carte, si beveva, si mangiava, lì sostavano viandanti, carrettieri e commercianti ambulanti, lì potevano nascere violente risse, magari dopo qualche bicchiere di troppo.
L'arredo è costituito da lunghi tavoli fratini del '600 con sedie impagliate, botti di varie dimensioni, quadri vecchi, una rete da pesca (degagna), varie lucerne, una credenza con vetrinetta, le gramole da pane e oggettistica varia.
SALA DELLE OFFICINE RURALI
Nel quadro agricolo che si venne a delineare nella Bassa dopo le grandi bonifiche veneziane, diventò sempre più significativo l'apporto del bracciantato e della manodopera specializzata nei vari lavori della corte, della stalla, della scuderia e di conseguenza sempre più rilevante il supporto da parte dell'artigianato locale consistente nelle officine del fabbro, del carradore e del maniscalco. Queste necessità portarono anche a stabilirsi nella Bassa nuovi gruppi familiari provenienti dalle zone montane, ed in particolare dall'altopiano di Asiago, come si può constatare scorrendo i registri parrocchiali cinque-seicenteschi dei morti, dei battezzati e dei matrimoni in varie parrocchie .
La sala in cui vengono ricostruite le botteghe dei mestieri portanti della vita rurale si trova sempre al piano terra, di fronte all'osteria.
La bottega del fabbro
Nella bottega del fabbro, detto localmente fàvaro o feraro, si lavorava il ferro acciaioso, arroventato sopra la brace della forgia, modellato a colpi di martello sull'incudine e ripetutamente immerso nell'acqua della conca per essere raffreddato e mantenere la tempera. Era un lavoro molto faticoso ma molto creativo, che richiedeva esperienza e abilità, trasmesse di generazione in generazione, da mastro a garzone, talvolta anche a suon di scapaccioni.
Il fabbro creava zappe, falci messorie, coltelli, asce, vomeri, forche, ma anche i suoi stessi strumenti di lavoro come chiodi, viti, compassi e calibri e tutto ciò che attiene al materiale ferroso.
Accanto al vistoso mantice, la forgia, l'incudine bicorne e la conca trachitica, si trovava il tavolo da lavoro, sempre impregnato di olio bruciato e limatura di ferro, con vari trapani, matrici per filettare le viti, giramaschi, compassi, calibri, chiodaie, presselli, ecc.
L'attrezzatura, esposta nella ricostruita bottega, è stata integralmente asportata e rimessa nello stesso ordine del luogo di provenienza, la fattoria della famiglia Centanini di Stanghella, dove era operativa fino all'ultimo dopoguerra.
La bottega del carradore
Il carradore ricopriva un ruolo importante nella società rurale, non solo come supporto all'attività agricola, ma per tutta la comunità, in quanto, oltre a fabbricare carri e calessi e mezzi da trasporto vari, assumeva spesso la funzione di carpentiere, data la sua abilità a costruire e riparare infissi di case e stalle, oppure di bottaio o, se la necessità lo imponeva, di semplice falegname.
Gran parte del tempo, nella costruzione del carro, era dedicata alle ruote, ognuna delle quali richiedeva almeno cinque giorni di lavoro; il carro, nel suo insieme, almeno cinquanta giorni.
Nella ricostruita bottega è disposta l'attrezzatura, rispettando la sequenza di lavoro necessaria alla costruzione del carro. Il materiale è stato quasi interamente donato dalle famiglie Centanini di Stanghella e Dalla Pria di Megliadino S.Vitale. Vi sono due torni, uno a pedale e l'altro a frusta, impiegati principalmente per modellare il mozzo della ruota; il tipico banco da lavoro, con una morsa, un carrello e un sottobanco, è in posizione centrale con sopra diversi utensili. In continuazione vi è un supporto triangolare, ottenuto da una biforcazione di salice, usato per il tracciamento della ruota, e quindi il trabiccolo, un attrezzo per l'infissione dei raggi della ruota; il tutto corredato di altri molti utensili utilizzati nell'assemblaggio del carro, comprese le binde per sollevarlo e una forma in legno per la sagomatura dei parafanghi del calesse.
La bottega del maniscalco
L'usanza di proteggere gli zoccoli dei cavalli risale a tempi molto antichi, ma la ferratura, e di conseguenza il mestiere del maniscalco, si diffuse nel tardo medioevo. La sua bottega era molto semplice, solitamente lungo la strada.
Sul deschetto, collocato nella sala delle officine rurali, sono esposti alcuni tipici attrezzi: striglie, raschietti, diversi tipi di ferri (da cavalli, da muli, da asini, da buoi). Sopra il deschetto è collocata una vecchia insegna di bottega, proveniente dal conselvano.
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